"Piuttosto che lo scrittore" ha detto una volta Bolano nel corso di
un'intervista "mi sarebbe piaciuto fare il detective privato.
Sicuramente sarei già morto. Sarei morto in Messico, a trenta, trentadue
anni, sparato per strada, e sarebbe stata una morte simpatica e una
vita simpatica". Simpatica, eppure segnata già dalla sconfitta e dalla
follia, dissipata e bohémien, esaltante e allucinata, dopata di sesso,
poesia, marijuana e mezcal, è sicuramente la vita dei giovani poeti di
cui seguiamo le vicende in questo libro. È un romanzo di avventure, e di
conseguenza un romanzo di formazione; ma è anche un romanzo giallo, e
come sempre un romanzo sul rapporto tra finzione e realtà. Un romanzo,
ha scritto un critico messicano, "costruito come uno stadio dove la
gente entra ed esce in continuazione", e dove, come avviene in "2666",
si incrociano e si accavallano, spesso contraddicendosi, le "versioni"
di un'infinità di personaggi: poetesse scomparse nel deserto di Sonora e
puttane in fuga, ex scrittori di avanguardia e magnaccia che ogni
giorno si misurano il pene con il coltello a serramanico, architetti
impazziti e poliziotti corrotti, e poi avvocati, editori, cameriere,
poeti bisessuali, neonazisti e alcolizzati.