Paolo Rumiz scommette sulla forza delle grandi storie e si affida al
ritmo del verso, della ballata. Ne esce un romanzo-canzone singolare,
fascinoso, avvolgente come una storia narrata intorno al fuoco. Racconta
di Max e Maša, e del loro amore. Maximilian von Altenberg, ingegnere
austriaco, viene mandato a Sarajevo per un sopralluogo nell’inverno del
1997. Un amico gli presenta la misteriosa Maša Dizdarevi?, “occhio
tartaro e femori lunghi”, austera e selvaggia, splendida e
inaccessibile, vedova e divorziata, due figlie che vivono lontane da
lei. Scatta qualcosa. Un’attrazione potente che però non ha il tempo di
concretizzarsi. Max torna in patria e, per quanto faccia, prima di
ritrovarla passano tre anni. Sono i tre anni fatidici di cui parlava La
gialla cotogna di Istanbul, la canzone d’amore che Maša gli ha cantato.
Maša ora è malata, ma l’amore finalmente si accende. Da lì in poi si
leva un vento che muove le anime e i sensi, che strappa lacrime e sogni.
Da lì in poi comincia un’avventura che porta Max nei luoghi magici di
Maša, in un viaggio che è rito, scoperta e resurrezione.