I grandi romanzi gotici
Lugubri castelli infestati da spettri, sinistre apparizioni notturne,
giovani eroine preda di indescrivibili orrori,
tenebrosi e fatali persecutori, mostri, licantropi, vampiri… Il romanzo
“gotico”, da Castle of Otranto di
Walpole (1764) al Melmoth di Maturin (1820) – per indicare due libri
che, secondo una certa convenzione, segnerebbero gli estremi cronologici
del fenomeno – è davvero soltanto questo cupo bric-à-brac di luoghi,
personaggi
e situazioni? O invece la narrativa gotica, con il suo «sublime del
terrore», in reazione al predominio
della ragione e del common sense, nasconde angosce e inquietudini che
oggi torniamo a sentire sorprendentemente
vicine?... Attraverso i capolavori dei maestri indiscussi del genere
(Horace Walpole, M.G. Lewis, Ann
Radcliffe, Mary Shelley, C.R. Maturin, John William Polidori) il lettore
è chiamato a esplorare i labirintici sentieri
della paura – elemento cardine della Gothic Fiction, e che, come notava
D. Punter, «non è semplicemente
un tema o un atteggiamento, ma ha anche delle conseguenze in termini di
forma, stile e rapporti sociali dei testi
» –, a godere, con un brivido di delizia, la caotica, trionfante
irruzione del terrore sulla pagina scritta.