Napoli, fine anni Settanta. Stella D’Amore ha appena iniziato le
elementari quando tutta la sua famiglia viene trasferita in un palazzone
costruito dalla Saint-Gobain, la vetreria in cui lavora suo padre,
all’estrema periferia di Napoli. Il PalazzoKimbo, come l’ha ribattezzato
Stella per via della pubblicità luminosa del caffè che troneggia sul
tetto, le ricorda sua madre: sempre stanca, ingrigita e con una ruga
perpetua di preoccupazione in mezzo alla fronte. In quell’enorme
edificio, in cui è accampata un’umanità avvezza agli stenti, Stella
cresce spensierata, giocando con le amiche, immaginando di vivere in una
fiaba e trovando nelle braccia del padre tutta la sicurezza di cui ha
bisogno. Sono anni duri, quelli: tra gli scioperi della Saint-Gobain –
con la messa in cassa integrazione di suo padre e la successiva
riconversione aziendale –, il rapimento di Aldo Moro e la strage alla
stazione di Bologna. Man mano che la storia “ufficiale” d’Italia si
dipana, in Stella si fa lentamente strada una convinzione: PalazzoKimbo
non è il luogo incantato che credeva. Quando sua madre le appare preda
ormai della tristezza, e quando il nonno paterno che vive con loro si
ammala di Alzheimer e le immagini del terremoto in Irpinia sconvolgono
il paese, Stella sente che non può continuare a vivere così. La fuga le
sembra l’unica via possibile, anche se è ancora soltanto una bambina.
Riuscirà a salvarsi? Riuscirà a ritrovare l’amore che la legava a
Napoli, alla sua città dai mille volti, alla sua famiglia, alla bizzarra
umanità di PalazzoKimbo e persino a quell’enorme, grigio casermone?