«[...] parola d’ordine o non parola d’ordine, i tedeschi li avrebbero
catturati e uccisi ugualmente tutti, là all’oratorio. Erano armati
fino ai denti, con mitraglie sulle camionette, e poi bombe, cannoncini.
Tutto. E loro, i partigiani, avevano pochissime munizioni. Me l’aveva
detto il giorno prima il loro capo, che conoscevo. Ero andato a Cerva a
portare roba. Mi aveva parlato dell’azione a Marrada, e io gli ho
proposto di mandare qualcuno sull’altura di fronte, visto che ai
Cappuccini si arriva anche da quella parte. Così abbiamo concordato
tutto, orari, segnali, scorciatoie. E abbiamo sbagliato.»
Una microstoria che diventa una finestra su un periodo decisivo del nostro Paese.
Il romanzo ripercorre alcuni episodi della guerra partigiana,
fornendone una visione non retorica e attenta ai dettagli quotidiani
allargando la visuale alla vita contadina nell’Emilia del periodo
fascista. La narrazione, sul filo della memoria di una giovane
partigiana, procede per piccoli quadri che, alla fine, danno conto non
solo delle storie private, ma anche di una parte significativa della
storia del nostro Paese. Ciò che piú resta dalla lettura del libro è
la coerenza di un percorso e la capacità di trasmetterne l’es- senziale
anche attraverso «Il cielo pieno di nodi». E, forse sopratutto, per
quel tocco di leggerezza e curiosità «giovanili» che l’autrice mette
nel ricordare le caotiche e poco raccontate esperienze della formazione
dell’Italia democratica.