Dal ricordo personale della nonna, dalla forza che l'ha spinta, durante
la guerra, a rifiutare della carne di maiale che l'avrebbe tenuta in
vita, perché non era cibo kosher, perché «se niente importa, non c'è
niente da salvare», Foer inizia una riflessione sul cibo, che, sono
ancora le parole della nonna, è «terrore, dignità, gratitudine,
vendetta, gioia, umiliazione, religione, Storia e, ovviamente, amore».
L’elemento scatenante della riflessione di Foer sul cibo - e sulla carne
in particolare - è la paternità, perché nutrire un figlio non è come
nutrire se stessi, è più importante. Questo libro è il frutto di
un'indagine durata quasi tre anni che l'ha portato negli allevamenti
intensivi, che l'ha spinto a raccontare le violenze sugli animali e i
venefici trattamenti a base di farmaci che devono subire, a descrivere
come vengono uccisi per diventare il nostro cibo quotidiano.