Insieme a Gombrowicz e Witkiewicz, Bruno Schulz completa la grande
triade della letteratura polacca del Novecento. I suoi racconti
costituiscono un unico ciclo di ricordi d'infanzia, un album di
abbaglianti quadretti a colori dove la fanciullezza riappare rimescolata
e incongrua come nei sogni. Tutto ruota attorno ad un padre mattoide,
venditore di stoffe in un quartiere dove proliferano odorose botteghe di
merci rare. Lo stile pirotecnico, prodigo di aggettivi e incline
all'ornamento metaforico, lascia trasparire, dietro l'esuberanza
irrefrenabile delle immagini grottesche e il furore analogico, la
miseria e il decadimento dell'impero asburgico. Tra oggetti che si
animano e personaggi che si deformano in fantocci, Schulz fa della
gioventù l'archivio di ogni scoperta.