Si racconta la storia di Ipazia – astronoma, matematica e filosofa,
erede della scuola alessandrina (370-415 d.C.) – fatta massacrare dal
vescovo Cirillo per mettere a tacere la sete di sapere e la libertà di
pensiero che la animavano.
Antesignana della scienza sperimentale, studiò e realizzò l’astrolabio, l’idroscopio e l’aerometro.
Nell’anno dedicato all’astronomia è legittimo chiedersi come potrebbe
essere il mondo oggi e con quanti secoli di anticipo avremmo conseguito
le conquiste moderne, se persone come Ipazia fossero state lasciate
libere di esprimersi e di agire. La prima parte del romanzo, avvalendosi
di un’accurata ricostruzione del contesto storico e culturale, narra
l’avventura di Ipazia negli aspetti pratici, quotidiani, scientifici e
politici: una vita che assume connotati sempre più drammatici, fino al
tremendo e atroce epilogo.
Nella seconda parte la voce narrante è quella della stessa Ipazia che ci
parla dei suoi sogni, delle sue ricerche e della sapienza di cui era
depositaria.
Un sapere millenario che, dopo il crollo del mondo ellenistico e il
trionfo del cristianesimo, è rimasto sepolto per secoli, fino al nascere
della scienza moderna.
«Questa storia romanzata ma vera di Ipazia ci insegna ancora oggi quale e
quanto pervicace possa essere l’odio per la ragione, il disprezzo per
la scienza.
È una lezione da non dimenticare, è un libro che tutti dovrebbero leggere».
Margherita Hack